Andare alla partita, sentirsene parte.

5/03/2023, Carpineto Romano (Rm), Campo “L. Galeotti”, I Categoria, Girone G, XVIII giornata di Campionato

SSD SEMPREVISA 2

Asd Valle Martella 1

Formazione: Gavillucci, Santucci (dal 69′ Lepre), Polidoro, Palombi (k), Corvo, Cacciotti N., Bianconi, Cerbara (dal 69’ Babbo), Mattogno, Coluzzi, Battisti. A disp.: Santucci L., Mazzocchi, Federico, Filippi, Battisti R. All.: Corsi

Marcatori: 60’ (VM), 85’ e 95’ (r) Mattogno (S)

Ci sono partite che iniziano ben prima del loro fischio d’inizio. Certe precedendo di giorni, talune di settimane, talaltre addirittura di mesi la data in cui effettivamente si disputeranno. Ciò vale massimamente per i derby, non scherzano vitali scontri diretti o impegni di coppa quindi, ma con minor carica emotiva, alcuni incroci attesi per sistemare vecchi o freschi dissapori nati sul campo e sul campo da risolvere (dalla platea: “Cos’è, incitamento alla violenza?”. “No. Solo un elogio all’agonismo. Anche esasperato”).

Per la diciottesima di campionato viene a trovarci la simpatica brigata del Valle Martella, prima in classifica per restarci. Noi un po’ distanti ma con speranze di podio. All’andata vi perdemmo 3-1 dopo buon primo tempo (1-1 al riposo) e baruffa finale. Cause? Eh. Dicono d’avercela avuta col nostro mister, trovato focoso e provocatorio; noi, invece, avremmo voluto tentare di guarire a manrovesci (ancora: nessuna violenza. Solo pedagogia d’antan applicata) – neanche tanti, almeno fino a scoprirlo caso irrecuperabile – il loro prototipo di ventenne idiota a cercare di fottere chi non conosce, prima sbeffeggiandoci verbalmente e poi usandoci contro a mo’ di spranga una bandierina d’angolo.

Insomma, si capirà come le premesse per uno scontro teso ci fossero tutte. E infatti. Al loro arrivo s’inscena la recita, ognuno la propria parte. Dirigenza bella composta a salutarci, pure scusandosi dell’andata «che tanto poi quello scemo l’abbiamo cacciato…». «Certo, come no!», rispondiamo col miglior sorriso di circostanza nascondendoci sotto, ben saldo tra i denti, il proverbiale coltello della tenacia da rivalsa.

Intanto marzo fa il suo, cioè sorprende. Lo fa con un forte sole a strapiombo sul tappeto verde che irradia luce pura tutt’intorno fin negli occhi di quanti alla spicciolata assiepano gli spalti. E mentre tra i tronchi degli abeti dietro le due porte un vento gelido si rincorre e s’alza infrangendosi su calciatori e astanti, la buca del ‘Galeotti’ s’intona al clima: bella e insidiosa, è pronta a tendere l’imboscata come ormai da diversi anni succede alle malcapitate compagini che da qui devono passare per vincere i campionati. 

Sì, ma come giochiamo? Con assetto collaudato, difesa a quattro e tre punte. Ci sarà da attendere, prima dei fuochi d’artificio. L’avversario ben contiene i nostri assalti mai veramente pericolosi e cerca l’esterno destro dal viso smunto, le gambe rapide e il mancino educato. «Pare Di Maria» – commenta qualcuno – ma non lo è.

Dopo che il guardiano avversario si sporca le mani su un tiretto debole ed alzando sulla traversa una traiettoria strana che ricadeva in porta, per poco non facciamo harakiri. Pur dotato di buon tiro, al terzino Polidoro viene l’idea balzana di calciare in porta quasi dalla tribuna, schiacciato com’è sull’out di sinistra. Ne nasce un passaggio agli avversari, pronti ad innescare il contropiede precipitevolissimivolmente (l’aggettivo vorrebbe riconsegnare la sensazione di restare un attimo senza fiato, proprio come accade al tifoso di casa). Quando Capitan Palombi in prodigioso ripiegamento spezza in angolo l’assist che metteva l’uomo solo davanti alla porta spalancata, sistole e diastole di (quasi) tutti tornano a lavorare regolarmente.

Fine primo tempo, relax. Caffè, sigaretta, grappa. Altro caffè, nuova sigaretta, ancora grappa. E via così, fino a finire la caffeina nella macchinetta, l’alcol in bottiglia, e il tabacco nel pacchetto. Con la precisazione dell’avventore: «Caro amico barista domenicale ‘Nuvolari’, segna. Alla prossima in casa ti pago». Già, come diceva quel tipo? Per pagare e morire c’è tempo.

Intanto, di tempo, inizia il secondo. Che s’apre traumatico. 60’, il nostro difensore under va per spazzare ma, scomposto, offre un rigore in movimento al centravanti: rasoiata per lo 0-1. Per le spicce: Divinità e Santi di tutti i Paesi unitevi pure, almeno verrete qui “invocati” in una volta sola quanti siete e facciamo prima. Mentre un sodale non regge la botta e batte in ritirata strategica – «Sento alzarmisi la pressione. Me ne vado. Ciao» -, certa tensione nell’aria, fin lì dissimulata dalla momentanea parità, esplode tutta a un tratto. Sugli spalti e in campo si surriscaldano gli animi e il perché – a torto o ragione – sta in apertura di pezzo.

Ma adesso calma, fermiamoci un attimo. Siccome dal vantaggio ospite inizia un’altra partita – una ‘partita matrioska’, cioè con altre al suo interno fatte di colpi di scena ininterrotti -, proviamo a fare un giochino (se ci riesce): vivere l’ultima mezz’ora da altra prospettiva. Andando dentro il campo, anzi dipiù: calandoci proprio fin nella psicologia dei protagonisti* e da lì raccontare. Avviso ai naviganti: di seguito, al minuto di gioco saliente affiancheremo il nome del calciatore che in quel preciso momento pensa, vive e crea l’azione, come conseguenza e causa di altre, più o meno effimere ma tutte inestricabilmente concatenate, in una girandola continua di attori, scene e accadimenti. Ovverosia, emozioni. Cominciamo.

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